La questione scaturisce dalla sospensione di un impiegato non avente la qualità di operatore sanitario che, secondo l’azienda che aveva irrogato la sospensione, operava nell’ambito delle strutture previste dall’art. 1 bis D.L. n° 44/2021 e soggiacesse comunque all’obbligo vaccinale di cui all’art. 4 bis.
Tra le eccezioni formulate, v’erano, appunto, quelle connesse al difetto delle condizioni soggettive (qualità di sanitario) ed oggettive (non operante in ambito sanitario).
V’erano anche altre eccezioni, anche di carattere formale e procedurale, ed in subordine quella, insuperabile ad avviso dello studio, d’illegittimità costituzionale delle norme laddove si fosse ritenuto applicabile al lavoratore l’obbligo vaccinale.
Nel corso del giudizio cautelare ex art. 700 cpc di prime cure il lavoratore si ammalò di Covid e fu reintegrato dall’azienda per cui si chiese la declaratoria di cessazione della materia del contendere, ma l’azienda non era d’accordo e chiese la condanna alle spese di lite per c.d. soccombenza virtuale (cioè la condanna alle spese legali soltanto per aver tentato il ricorso d’urgenza).
L’ordinanza di prime cure accolse il ricorso condannando l’azienda al ristoro delle spese legali. (v. la notizia data su questo sito il 28 marzo 2022).
Tuttavia, l’azienda ha inteso reclamare l’ordinanza (una sorta di appello cautelare) insistendo che il lavoratore venisse condannato alle spese legali.
Il Tribunale di Palermo, però, non ha accolto il reclamo ed ha condannato l’azienda al pagamento delle spse di lite.
La pronuncia, stesa dallo stesso Presidente della sezione lavoro di Palermo, si apprezza perchè impone la prova rigorosa sulla circostanza che il lavoratore non sanitario operi nell’ambito delle strutture sanitarie di cui all’art. 1 bis D.L. n° 44/2021 e soggiacia quindi all’obbligo vaccinale di cui all’art. 4 bis.
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